Napoli omaggia Joseph Beuys a 100 anni dalla nascita
Joseph Beuys (Krefeld, 1921) performer, antropologo e politologo tedesco iniziò la sua ricerca artistica a partire dagli anni 60, quando si dedicò alla creazione di oggetti-sculture-installazioni pensate per delle operazioni artistiche volte alla sollecitazione di una coscienza critica nel pubblico.
Uno degli aspetti fondamentali del modo di operare di Beuys fu infatti costituito da un’accurata strategia nella realizzazione ambientale degli oggetti e dei materiali delle sue opere, che sono spesso in stretta connessione con le sue azioni performative, le actions. Probabilmente, in quegli anni, Beuys fu l’unico performer a generare un rapporto empatico con il pubblico.
L’artista trasformò la sua vita a sua arte e la sua stessa maschera in un messaggio salvifico ricco di spunti spirituali e simbolici. Beuys fu mosso da una fervente volontà di essere artista-poeta del mondo, nel senso di mediatore tra realtà e assoluto, tendendo a lasciare spazio ad azioni che riuscissero a coinvolgere il pubblico, in modo da scuoterlo ed educarlo.
Eppure il lavoro di Beuys sfugge a qualsiasi catalogazione: la sua pratica è stata assorbita dagli happening ma anche dal movimento Fluxus. Il grasso e il feltro, usati prevalentemente come mezzo per ideare i suoi lavori, sono riconducibili ad un’esperienza personale vissuta nel 1943 durante la seconda guerra mondiale quando il suo aereo colpito da una contraerea russa precipitò nella neve in Crimea. Fu salvato da un gruppo di nomadi Tartari e, da questi, ricoperto di grasso e avvolto nel feltro per rigenerarne il calore. Da quel momento elevò i mezzi con cui fu guarito dal principio di congelamento a elementi simbolici universali nel curare non solo la persona, ma anche l’umanità, la civiltà, la natura.
Beuys divenne uno dei più rappresentativi protagonisti dell’arte contemporanea e tra gli esponenti più discussi e stimolanti dell’avanguardia europea. Beuys fu presente alle rassegne internazionali più prestigiose da Documenta Kassel nel 1964, 1968, 1972, 1977 e alla Biennale di Venezia nel 1976.
In Italia la presenza del maestro tedesco fu costante: fra i tanti operatori culturali e critici italiani con cui ha lavorato ricordiamo Achille Bonito Oliva, Arturo Schwarz, Germano Celant, Lucrezia De Domizio Durini e il gallerista Lucio Amelio, protagonista indiscusso del mercato internazionale dell’arte di quegli anni con il suo studio di Piazza dei Martiri a Napoli. La città partenopea divenne infatti d’improvviso officina di sperimentazioni e progetti volte ad un richiamo e ad un dibattito artistico a livello internazionale. Napoli favorì l’incontro tra Joseph Beuys ed Andy Warhol e da cui nacque la mostra di ritratti “Beuys by Warhol”. A Napoli, dunque, l’Europa di Beuys e l’America di Warhol permisero la diffusione delle più svariate sperimentazioni concettuali e performative: dalla fotografia, al cinema; dal teatro, alla poesia e alla musica.
Andy Warhol e Joseph Beuys – Galleria Lucio Amelio. ©Mimmo Jodice La rivoluzione siamo noi”, Modern Art Agency – Napoli, 1971
Secondo il gallerista napoletano Lucio Amelio, il Sud Italia rappresentava “l’ideale di Joseph Beuys di un paese dove la natura è potente e abbondante, dove il sole è la fonte di ogni immaginazione”. Beuys era convinto che la gente di queste regioni avessero le qualità che sarebbero state necessarie in futuro per plasmare una società umana. Tale concezione globale dell’arte avrebbe responsabilizzato l’uomo nei confronti di ogni suo atto, sollecitandolo a partecipare ed impegnandolo ad agire creativamente. Queste idee sono tutte racchiuse nel motto “La Rivoluzione Siamo Noi” che campeggia sul manifesto pubblicato per la sua prima mostra in Italia, nel 1971 da Lucio Amelio a Napoli. L’immagine fu scattata nel viale d’ingresso di Villa Orlandi ad Anacapri, dove per tutti gli anni settanta e ottanta Pasquale Trisorio e la sua famiglia ospitarono artisti ed intellettuali di ogni provenienza. È considerato uno dei manifesti più significativi degli anni settanta.
Qualche anno dopo, Lucio Amelio, in riferimento al terremoto del 1980 che colpì la Campania, riuscì a coinvolgere diversi artisti tra cui Joseph Beuys, Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Miquel Barcelò, Michelangelo Pistoletto, Enzo Cucchi, Mario Merz, Mimmo Paladino, dando vita a una delle collezioni più importanti di arte contemporanea: “Terrae Motus”.
Beuys nello specifico realizzò una scultura d’azione dal nome “Terremoto”, che installò a Palazzo Braschi a Roma il 7 aprile 1981, e in un’installazione dal nome “Terremoto a Palazzo”, che presentò a Napoli il 17 aprile 1981 nella Modern Art Agency di Lucio Amelio. Questi i lavori che scelse per commemorare il terremoto dell’Irpinia, ma furono anche indicativi del pensiero politico-culturale di Beuys, di quel bisogno di stabilire come critica e prassi artistica potessero combinarsi e interagire.
“Convinto che il cambiamento sociale potesse solo essere istigato dall’arte come unica forza rivoluzionaria, Beuys cercò di attivare gli esseri umani come portatori dinamici del cambiamento, lavorando verso una società fondata sull’autodeterminazione e la libertà”.
Joseph Beuys avrebbe compiuto 100 anni questo 12 maggio. Per questo motivo Napoli omaggia l’artista con una serie di inaugurazioni ed eventi a lui dedicati.
L’11 maggio a Casa Morra s’inaugura la mostra “Beuys e Napoli” a cura di Giuseppe Morra: https://www.fondazionemorra.org/it/
Dal 12 al 16 maggio in streaming una rassegna di documentari su Beuys https://online.artecinema.com/