Don Pedro de Toledo: il protettore laico della città di Pozzuoli
All’inizio degli anni ’30 del Cinquecento, complice anche l’epidemia di peste del 1529-30, Napoli viveva un periodo abbastanza difficile della sua storia. L’insofferenza dei napoletani, in particolare dei baroni, verso il potere spagnolo, stava minando l’organizzazione del Vicereame, tanto che Carlo V d’Asburgo, alla vigilia della nomina di un nuovo viceré, spedì in missione nella capitale partenopea il suo cancelliere, con l’incarico di verificare quali fossero i problemi napoletani e come poterli risolvere. Alla fine, la scelta dell’imperatore cadde su Don Pedro de Toledo, uno dei suoi più fidati collaboratori, considerato un politico competente, saggio amministratore, abile e determinato militare e perciò in possesso di quelle qualità, secondo Carlo V, necessarie per imporre ai baroni e al popolo napoletano l’autorità spagnola.
Don Pedro Alvarez de Toledo y Zuniga, era nato il 13 luglio 1484 ad Alba de Tormes, nella provincia di Salamanca, e apparteneva ad una delle grandi famiglie di Spagna, essendo figlio del secondo duca d’Alba.
Accolto al suo arrivo a Napoli il 4 settembre del 1532, da grandi manifestazioni di giubilo, mai viste per i suoi predecessori, la sua nomina segna una svolta fondamentale tanto nella storia del Vice Regno, che in quello della capitale. I vent’anni di amministrazione del Toledo sono caratterizzati da una riorganizzazione politica, sociale ed economica che porta il Vicereame di Napoli a conseguire un prestigio pari a quello di un regno autonomo e a diventare uno degli stati più potenti nello scacchiere politico della penisola italiana. Trasformò la città di Napoli in una roccaforte della Spagna e la rese una delle più prestigiose capitali europee. Governò Napoli col pugno di ferro nel tentativo di limitare i privilegi dei baroni, del clero e dei nobili.
Don Pedro de Toledo è, anche, il protagonista centrale della storia di Pozzuoli. A suo esclusivo merito si deve la riedificazione della città dopo la disastrosa eruzione del Monte Nuovo del 29 settembre 1538. Ricostruì il tessuto urbano e sociale della città, ristrutturando, anche con fondi personali, le abitazioni, le strade e le chiese di San Giacomo (oggi Carmine) e di San Francesco (Sant’Antonio). Alla fine dei lavori, inoltre, fece dono alla chiesa di San Giacomo delle sculture lignee raffiguranti la Vergine e San Giuseppe, oggi al Museo Diocesano al Rione Terra; alla chiesa di Sant’Antonio due acquasantiere decorate dello stemma degli Alvarez, ancora oggi visibili.
Il progetto politico più importante del Toledo fu quello di far rientrare dei Puteolani in città, dopo l’esodo conseguente l’eruzione. Don Pedro raggiunse il suo scopo grazie a generose esenzioni fiscali che favorirono sia il rientro dei Puteolani che l’insediamento di persone provenienti da altre zone del Vicereame.
Il Toledo si fece, inoltre, costruire una personale dimora e vi soggiornava per diversi mesi all’anno, elevando, di fatto, Pozzuoli al rango di seconda capitale del Vicereame. Degno di nota è anche l’impegno per la difesa delle coste del Vicereame che all’epoca subivano continue incursioni di pirati, con la costruzione di numerose torri di avvistamento. L’opera più importante, a difesa del porto di Pozzuoli e delle coste flegree, fu il rifacimento del Castello di Baia, punto nevralgico di tutto il sistema difensivo.
Come per tutti gli uomini di potere anche la vita di Don Pedro presenta luci ed ombre, dove queste ultime sono senz’altro rappresentate da un esercizio di governo eccessivamente autoritario, motivo per cui, nonostante fosse riuscito a rendere Napoli una città di respiro europeo, non è mai stato molto amato dai Napoletani, come ricorda anche Benedetto Croce «Il viceré Toledo, forte del consenso di Carlo V, tenne ad essere non già amato, ma temuto…». Dal canto loro i Puteolani, tutto sommato, non hanno mai mostrato eccessiva gratitudine verso il Viceré, malgrado il grande impegno che profuse per ridare vita alla loro città.
Don Pedro pur trovandosi in uno stato di salute precario, su ordine di Carlo V, partì al comando dell’esercito spagnolo per reprimere la rivolta antimperiale di Siena. Con il peggiorare dello stato di salute, venne portato a Firenze, dove risiedeva la figlia Eleonora e dove morì il 22 febbraio 1553 e sepolto nel Duomo di Santa Maria del Fiore. Con la morte di Don Pedro Pozzuoli non rivivrà più i fasti della ricostruzione toledana e si avvierà verso un lungo periodo di declino.